Declino cognitivo: cosa significa, quando inizia, come comportarsi

Il declino cognitivo è la perdita graduale e ingravescente di una o più funzioni cognitive, ovvero delle abilità mentali, come memoria e attenzione, necessarie allo svolgimento di qualsiasi attività.

In questo articolo cercheremo di comprendere cosa significa declino cognitivo e quando questo ha inizio. In particolare, cercheremo di definire cose è il declino cognitivo, quali sono i test per misurarlo, quando inizia il declino cognitivo e quali sono i sintomi a cui prestare attenzione.

Cosa significa declino cognitivo

Il declino cognitivo comporta un deterioramento delle funzioni cognitive che può compromettere la capacità di percepire il mondo interno a noi e la relazione con gli altri, tanto che possono manifestarsi disturbi dell’umore e disturbi di tipo comportamentale.

Quando lo stadio del declino è avanzato la persona può avere delle importanti difficoltà nell’autonomia quotidiana e un bisogno di assistenza.

Il declino del funzionamento cognitivo è un processo che spesso è associato a patologie neurodegenerative, come la demenza, ma è importante sottolineare che anche nell’invecchiamento fisiologico esiste un cambiamento che accompagna l’invecchiamento ed è caratterizzato da un progressivo e graduale indebolimento di alcune funzioni mentali che comportano l’incapacità di apprendere nuove informazioni, di mantenerle nella memoria, di concentrarsi o di occuparsi di più cose contemporaneamente.

Tuttavia, in questa situazione, questi cambiamenti sono determinati da una normale e fisiologica perdita di neuroni cerebrali che avviene sia a livello globale, che a livello delle singole strutture cerebrali.

L’umore e il quadro di personalità rimangono stabili, e le funzioni cognitive sono caratterizzate da un lieve declino che tende poi a stabilizzarsi.

Invece, il processo di invecchiamento patologico, chiamato anche “demenza”, compromette le funzioni cognitive, comportamentali, dell’umore e della personalità, determinando una significativa alterazione dello stato funzionale del paziente, con effetti sulla propria autonomia e sulle relazioni.

Esame cognitivo: i test più usati

La valutazione dello stato cognitivo è un processo diagnostico che ha lo scopo di indagare il funzionamento del paziente, e verificare se la condizione clinica è patologica o meno, in particolare si individuano le aree preservate e le aree cerebrali potenzialmente compromesse.

Il clinico per eseguire l’esame cognitivo si avvale di test standardizzati.

Tra questi i più comuni sono:

  • Il Mini Mental State Examination (MMSE) : rappresenta un rapido e sensibile strumento per l'esplorazione della funzione cognitiva e delle sue modificazioni nel tempo, applicabile anche in forme gravi di deterioramento. La somministrazione richiede 10-15 minuti.

  • La Global deterioration scale (GDS) è uno strumento di valutazione globale della gravità del deterioramento cognitivo ideato per monitorare nel tempo il decorso progressivo della Malattia di Alzheimer.

  • The Clock Drawing Test (“test dell’orologio”) valuta le abilità prassiche di costruzione dell’oggetto, le abilità di rappresentazione mentale e le abilità di pianificazione della disposizione dei numeri nel quadrante e anche la capacità logica.

  • La Clinical dementia rating scale (CDR) valuta in modo veloce e pratico lo stadio della malattia ovvero della demenza. E’ tra l’altro uno strumento che permette una facilitazione comunicativa con l’area medica, in quanto è connubio indispensabile per la programmazione e l’attuazione del trattamento farmacologico e cognitivo-comportamentale. La CDR è una scala di 5 punti usata per caratterizzare sei domini: memoria, orientamento, giudizio e problem solving, affari, casa e hobby e cura personale.

  • Il Milan Overall Dementia Assessment (MODA) riguarda soprattutto soggetti affetti da una demenza d'esordio, anche se può essere applicato anche a pazienti gravi, per lo più a fini medico-legali o di selezione per una casistica di studio.

  • L’Alzheimer's disease assessment scale (ADAS-Cog) nasce nell’ambito della ricerca per determinare le caratteristiche dei sintomi cognitivi nella malattia dell’Alzheimer.

Quando inizia il declino cognitivo

Non è facile stabilire un’età precisa in cui inizia il declino cognitivo, essendoci una importante variabilità soggettiva.

Tempo fa si riteneva che lo sviluppo cerebrale si arrestasse con la fine dell’adolescenza e che l’età adulta avanzata, 65 anni circa, era associata ad un declino cognitivo generale, che poi poteva generare stati patologici, come la demenza.

Attualmente le ricerche al riguardo hanno introdotto una visione diversa, secondo cui in ogni fase della vita, grazia alla capacità di plasticità neurale del nostro cervello, c’è un continuo riequilibrio tra nuove acquisizioni e perdita di alcune abilità.

Per esempio, attraverso la somministrazione della WAIS (Wechsler Adult Intelligence Scale) alcuni studi hanno dimostrato che le abilità verbale non subiscono variazioni fino a 70 anni, mentre prove non verbali in particolare visuo-spaziali, diminuiscono a partire dai 45 anni.

Inoltre il manifestarsi della patologia dementigena ha mostrato alti livelli di variabilità dove giocano fattori come età, ambiente e riserva cognitiva.

Sintomi del declino cognitivo

Nelle fasi inziali non è semplice rilevare i sintomi del declino cognitivo soprattutto per i familiari che possono confondere alcune mancanze come normali manifestazioni dell’invecchiamento.

Questi possono apparire improvvisamente, essere inizialmente latenti e lievi per poi diventare col passare del tempo sempre più importanti.

Di seguito un elenco dei sintomi più comuni:

  • Perdite di memoria e compromissione della capacità lavorativa

  • Disorientamento spazio/temporale

  • Difficoltà a svolgere piccole azioni nell’attività quotidiana fino a prima semplici

  • Diminuzione capacità di giudizio

  • Difficoltà linguistiche, come presenza di anomie

  • Difficoltà pensiero astratto

  • Riporre le cose nel posto sbagliato

  • Cambiamenti di personalità

  • Mancanza di iniziativa

La diagnosi precoce è importante per permettere il rallentamento del progredire della malattia dementigena, al fine di migliorare la qualità di vita del malato e delle persone che se ne prendono cura, come la famiglia.

La figura dello psicologo si inserisce nel supporto nelle gestione di questa patologia, in particolare lavora con l'individuo e la famiglia per sviluppare strategie per migliorare la qualità della vita e gestire le emozioni legate alla diagnosi di demenza.

Se ti serve questo tipo di supporto puoi rivolgerti al team di Psicodigitale, che individuerà il terapeuta più adatto alla tua richiesta.

Dott.ssa Chiara Crovace

Sono la dottoressa Chiara Crovace, sono una psicologa clinica abilitata, psicoterapeuta in formazione e iscritta all’albo degli psicologi del Veneto.

Mi sono laureata in Scienze Cognitive e Psicobiologiche e ho conseguito la magistrale in Neuroscienze e Riabilitazione Neuropsicologica presso l'Università degli Studi di Padova. Nella mia formazione professionale mi sono focalizzata nel settore della neuropsicologia, approfondendo sia l’ambito della ricerca scientifica sia quello clinico.

https://www.psicodigitale.it/psicologi/chiara-crovace
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